IL TUO OGGETTO PERSONALE RACCONTA: UNA STORIA DI MUSEI

IL TUO OGGETTO PERSONALE RACCONTA: UNA STORIA DI MUSEI


A cura di:

Giorgia Boldura
Salvatore Mangia
Federica Sempio
Eugenio Del Ben



MUSEO PORTO M (ASKAVUSA) DI LAMPEDUSA


EPISODIO 1

 ‘’Una breve storia del percorso di Askavusa con gli oggetti dei migranti e il racconto di alcuni momenti che hanno segnato la vita del collettivo’’ (Giacomo Sferlazzo) --> creare uno spazio espositivo


Aspetto storico da lui raccontata tramite video testimonianza e interviste:
  • nel 2005 ho trovato per la prima volta degli oggetti appartenuti a persone passate da Lampedusa, in particolare ricordo un testo in arabo e dei pezzi di legno di barca con cui realizzai la mia prima opera con oggetti appartenuti a uomini e donne in fuga da guerre, carestie e destabilizzazioni politiche, l’opera si chiama: Verso Lampedusa
  • venire in contatto con quelle cose, fu per me l’apertura ad un nuovo alfabeto, un linguaggio muto e senza regole, esperienza che avevo già vissuto, ma mai con questa potenza e con così tante implicazioni, ebbi l’impressione di avere a che fare con qualcosa di molto grande, come se mi fossi messo a tirare dei fili con cui erano collegate migliaia e migliaia di persone
  • dopo quella esperienza non trovai più altri oggetti e neanche li cercai, fino al 2009, in quell’anno insieme ad altri amici fondammo l’associazione Askavusa (nato senza aiuto delle istituzioni) e cominciammo ad aprirci all’esterno e organizzare manifestazioni come il “Lampedusainfestival”, c’era il bisogno di comunicare quello che stava accadendo sull’isola: la decisione di Maroni di realizzare un CIE a Lampedusa aveva provocato una reazione forte da parte degli isolani che per mesi protestarono con manifestazioni e scioperi, l’isola era completamente militarizzata e gli isolani portati all’esasperazione, anche per le scelte di un’amministrazione locale che aveva come vicesindaco una esponente della Lega Nord
  • grazie alla partecipazione di tanti lampedusani la realizzazione del CIE a Lampedusa fu impedita, noi protestavamo: contro i centri di detenzione, contro il reato di clandestinità, contro i respingimenti e molto spesso avevamo contrasti con altri lampedusani che invece protestavano contro la realizzazione di un CIE a Lampedusa, perché rovinava l’immagine dell’isola, che da tempo si era incamminata sulla via del turismo
  • in diversi momenti abbiamo subito minacce, perché non mettevamo in contrapposizione i nostri bisogni con quelli dei migranti, ma eravamo coscienti che le ragioni per cui scappavano dal loro paese e le ragioni per cui erano trattati come criminali erano le stesse per cui noi vivevamo enormi disagi quotidiani, non si poteva manifestare per il nostro diritto ad avere un collegamento vero con la terraferma (per noi la radice del male erano e sono le stesse: il sistema capitalista, l’adorazione del denaro, l’imperialismo, la tirannia delle banche e della finanza)
  • alcuni giorni furono molto importanti perché per la prima volta dopo anni i lampedusani e i migranti venivano in contatto diretto (grido alla libertà, da cui prese poi il nome la Piazza dove si tenne la manifestazione)
  • la mia passione per la spazzatura, per lo scarto, mi ha portato spesso a frequentare le discariche, quell’anno giravo per quella di via Imbriacola, la stessa zona dove è il centro di “Accoglienza” altra discarica, ma di vite umane, in quello spazio vi erano i rifiuti che poi partivano in nave verso Porto Empedocle, in una zona venivano ammassate le barche usate dalla gente che arrivava a Lampedusa, prevalentemente dall’Africa, c’erano grosse cataste di scafi triturati, sembravano enormi onde di legno, fu in uno di questi mucchi che trovai un pacco accuratamente chiuso con del nastro adesivo (quando lo apri mi ritrovai in mano foto, lettere, testi sacri) + Giacomo prende queste reliquie del mare e le tratta come se fossero degli oggetti estremamente sacri --> apertura nel 2014 (iniziativa partita nel 2009)
Senza questi oggetti nessuno ricorderà: l’obiettivo è mantenere viva la memoria di molti immigrati (non dimenticarne la tragedia, è la storia della migrazione) attraverso il materiale (es. sandali consumati, biberon vuoti, salvagenti, Corani inzuppati) che arriva dal mare sulle coste isolane + sono l’urlo quotidiano che Askavusa lancia all’Italia, all’intera Europa + dal 2009 questi oggetti vengono accuratamente raccolti, facendo sì che questo spazio si proponga come luogo incontro, confronto e discussione (pezzi di vita che sono diventati museo) + oggetti che vengono esposti senza una particolare progettazione nell’allestimento in modo tale che essi possano liberare la loro energia stessa e raccontare la propria storia, il proprio messaggio senza dei paletti prestabiliti + oltre a salvare gli oggetti recuperati sui barconi, il collettivo sogna di poterli restituire: con la realizzazione di PortoM si inserisce il discorso in una cornice più ampia a partire da due domande: “Perché le persone sono costrette a lasciare il proprio paese?” - “Perché la maggior parte della popolazione mondiale non può viaggiare in maniera regolare senza rischiare la vita e senza essere criminalizzata?” e da queste due domande si articola un ragionamento con cui i visitatori di PortoM sono chiamati ad interagire

Storytelling: è, qui, forte il punto di contatto che si va a creare tra gli oggetti ritrovati e accuratamente conservati e i visitatori + si crea un processo interattivo, vale a dire che la persona si sente sentimentalmente a contatto con gli oggetti, come se questi ultimi si raccontassero da soli, o meglio, con la storia che questi, appunto, vanno raccontando e che si cela dietro al loro essere oggetti + motivo per cui parte una sorta di viaggio a 360° senza fermarsi all’oggetto in sé, la persona che visita questo museo si trova immediatamente catapultata all’interno di una realtà vera e propria, una storia (noi siamo fatti di storie, le storie servono e ci fanno capire chi siamo) + aspetto del racconto e, in questo caso, della memoria e della riflessione che si va a creare intorno alla vicenda, e non solo all’oggetto ritrovato e considerato sacro (considerato tale proprio per cosa andrà a raccontare + si può notare come la storia abbia molta più rilevanza dell’oggetto in sé) + parlando di riflessione e di coinvolgimento diretto, si parla inevitabilmente anche di emozioni, aspetto molto importante in quanto, queste, prendono particolare espressione e si va, inoltre, ad accrescere un senso di appartenenza alla comunità, all’umanità --> Recensioni per capire che cosa le persone hanno vissuto all’interno del museo, le storie e le emozioni percepite + non si tratta solo di oggetti di immigrati ritrovati e riposti in un luogo, in una mensola, ma si tratta di storie, di vissuti, di testimonianze che si esprimono da sole, senza che l’oggetto o la persona agisca, storie che fuoriescono solo guardandole e cercando di comprenderle

Aspetto social:
  • Pagina Facebook --> piace a 7826 persone, followers 7956, possibilità di inviare un messaggio, collegamento diretto al loro sito web (rimando a diversi articoli di giornale, a diverse interviste a Giacomo), possibilità di suggerire delle modifiche per la pagina o per il sito stesso, sezioni foto e video testimonianza, post che riguardano per lo più degli appelli volti ai followers della community
  • Post su Instagram --> # (es. lampedusa, askavusa, portom, isolepelagie, collettivo, gentedimare, museodelmare) + i post, le condivisioni, i commenti, i like di foto pubblicate direttamente dalle persone che si sono recate in questo museo + impressioni, capire l’importanza di questo collettivo e del lavoro che stanno facendo + frasi d’effetto per la descrizione della foto pubblicata + tag al profilo di Giacomo
  • Canale Youtube --> video testimonianza accompagnati da musiche suggestive + M come: mediterraneo, mutamenti, migrazioni, militarizzazione, movimenti, mobilitazione, mare, memoria e ancora altro
  • Recensioni --> ingresso gratuito, senza guida, ingresso serale (dalle 19.30 alle 23.30) + la maggior parte delle persone che hanno visitato questo posto sostiene che trascorrendovi semplicemente un paio d'ore si percepisce a pieno quello che la comunità ha voluto trasmettere con questa iniziativa, si percepisce a pieno il dramma vissuto dai migranti, considerandola come una testimonianza da non perdere + il primo piano presenta il museo dell'immigrazione da un lato di oggi (dall'Africa verso l'Europa, in particolare l'Italia) e di ieri (dagli italiani verso l'America), questa "divisione" dà molti spunti di riflessione, sempre secondo i visitatori + si sostiene anche che, purtroppo, come luogo di cultura sia poco pubblicizzato + chi si gode una vacanza a Lampedusa dovrebbe spendere un paio di ore del proprio tempo per recarsi in questo spazio così importante ("dopo una giornata di mare, un po' di storia")
In allegato il link per accedere alla cartella foto:

...seguiteci per il prossimo episodio!





Commenti

  1. Un museo davvero interessante perché è povero ma ricco al tempo stesso. Povero perché è esteticamente e strutturalmente semplice in modo tale da non distogliere l'attenzione dell'osservatore dalla vera storia che gli oggetti ci vogliono trasmettere. Ricco perché ogni oggetto racconta una storia, una tragedia vissuta da una PERSONA.

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